III DOMENICA DI QUARESIMA
Dal Vangelo secondo Luca (Lc 13,1-9)
In quel tempo si presentarono alcuni a riferire a Gesù il fatto di quei Galilei, il cui sangue Pilato aveva fatto scorrere insieme a quello dei loro sacrifici. Prendendo la parola, Gesù disse loro: «Credete che quei Galilei fossero più peccatori di tutti i Galilei, per aver subito tale sorte? No, io vi dico, ma se non vi convertite, perirete tutti allo stesso modo. O quelle diciotto persone, sulle quali crollò la torre di Sìloe e le uccise, credete che fossero più colpevoli di tutti gli abitanti di Gerusalemme? No, io vi dico, ma se non vi convertite, perirete tutti allo stesso modo». Diceva anche questa parabola: «Un tale aveva piantato un albero di fichi nella sua vigna e venne a cercarvi frutti, ma non ne trovò. Allora disse al vignaiolo: “Ecco, sono tre anni che vengo a cercare frutti su quest’albero, ma non ne trovo. Tàglialo dunque! Perché deve sfruttare il terreno?”. Ma quello gli rispose: “Padrone, lascialo ancora quest’anno, finché gli avrò zappato attorno e avrò messo il concime. Vedremo se porterà frutti per l’avvenire; se no, lo taglierai”».
Vedere la storia con gli occhi di Dio, questa nostra storia, dove la violenza sembra il discorso costante degli uomini: esempio terribilmente vero e allarmante è la guerra scatenata dalla Russia verso l’Ucraina e dove l’ingiustizia, la malavita privata o organizzata incute paura e genera il senso dell’impotenza, soprattutto davanti a calamità o naturali o indotte, ci porta ad essere non spettatori inermi o curiosi, ma protagonisti di novità, di attenzione alla persona che esprimono cuori convertiti alla Parola che crea sempre novità inaudite perché è ancora creatrice e che fa gridare alla meraviglia. Gesù ci invita a credere alla sua Parola, capace di creare sempre cose nuove e a volgere il nostro cuore, la nostra vita decisamente a Lui. Allora, come oggi, i cristiani non sono tali perché hanno ricevuto i sacramenti o partecipano alla messa, quale rito settimanale o occasionale per molti, ma perché innamorati della Parola che meditano giorno e notte, se è il caso. Questo “meditare” vuol dire accogliere Lui che parla dando luce sul nostro cammino spesso problematico, oscuro, destabilizzante. La Parola di Dio nella quotidianità è luce ai nostri passi; è grazie alla Parola che vediamo, ascoltiamo, meditiamo, ci confrontiamo sulla sua presenza e sul nostro impegno cristiano. Dio parla nella nostra vita personale, familiare, sociale attraverso eventi che chiedono di essere compresi come suoi messaggi per la nostra conversione. Gesù davanti alle provocazioni che vengono espresse sui fatti accaduti, che indicano la barbarie del cuore umano, afferma la necessità della conversione a Lui. Bisogna cambiare radicalmente il proprio modo di pensare e di agire per assumere quello di Dio, lento all’ira e grande nell’amore, che vuole tutti amici e fratelli. La conversione alla quale Gesù ci chiama è cambiamento di mentalità che comporta il ricentrare la vita in Dio. La strada da non battere è l’egoismo: causa di ogni rovina. Il discepolo di Cristo sa leggere la storia personale e sociale come opportunità per accogliere il Signore che viene a visitarci, a scuotere la nostra pigrizia e indolenza. La sua visita dà senso alla nostra vita familiare, sociale e naturalmente personale. Questa opportunità è un richiamo alla conversione di tutti e di ciascuno. Sperimentiamo sterilità, incapacità di produrre frutti e costruire ponti e case stabili, ma la adesione a Lui diventa capacità di produrre frutti. Con Lui la vita è feconda della sua fecondità perché Lui intercede per noi.
Don Pierino